Mi rendo conto quanto i vari asiastan siano nazioni poco conosciute in Italia e che necessitino di un qualche preambolo per molti lettori. Ho deciso quindi di scrivere un corposo cappello introduttivo a questo diario di viaggio, per dare una panoramica della cultura e della storia dell’Uzbekistan. Alcune delle cose che vi racconterò le avevo apprese prima di partire – è da quando ho scoperto il podcast Cemento (link qui) che ho iniziato ad interessarmi dello spazio ex sovietico e del Nuovo Est. Altre le ho apprese durante il viaggio.
Una nota sull’organizzazione complessiva del viaggio. Anche questo viaggio l’ho effettuato con Avventure nel Mondo (link alla scheda qui). Sebbene viaggi da anni con loro, è la prima volta che sono costretto a sfruttare la cosiddetta formula soft. Singolarmente è l’unica formula disponibile per questa meta (anche quella giovanile, la discovery, comunque si allinea a questa modalità). La formula softprevede che l’agenzia prenoti (nel caso specifico tramite un corrispondente locale) gli alberghi ed i ristoranti per le cene – tutti a menù fisso 😬 – le guide (spesso parlanti italiano) e gli ingressi ai musei, l’autobus e l’autista. Insomma ben poco è lasciato all’improvvisazione e all’estro del gruppo, ingabbiato in un programma che una volta stabilito dall’Italia non può essere più modificato, anche per la rigidità del referente locale. Insomma non proprio l’ideale per me (vi giuro che personalmente ho trovato odioso non poter scegliere nemmeno cosa ordinare a cena) ma tant’è 🤷🏻♂️ Ho immaginato che alla base della mancanza della formula classica di viaggio dell’agenzia ci potesse essere la volontà del governo locale di mantenere il controllo sull’ingente flusso turistico che ha portato gli italiani ad essere il comparto turistico più numeroso a visitare l’Uzbekistan.

L’Asia centrale è sempre stata protagonista nella storia delle civiltà euroasiatiche come luogo di incontro e di commerci. Era proprio lungo queste steppe infuocate che le carovane europee, cinesi ed indiane davano vita alla Via della Seta, quella rotta terrestre lungo la quale i beni di lusso venivano commerciati tra Oriente ed Occidente. Fino a che le rotte marittime non resero obsoleta questa rete di oasi e città fortificate, in queste terre sorsero imperi e regni che espressero con mirabili opere architettoniche il loro potere e la loro ricchezza.

L’Uzbekistan è il più popoloso dei cinque stati che occupano questa zona del mondo. Trenta milioni di abitanti in rapida crescita. Questo perché l’Uzbekistan possiede nei suoi territori la maggior parte della Valle di Fergana, una fertile valle irrigata dai due fiumi che discendeno dai ghiacciai del Pamir e che una volta davano vita al Lago d’Aral: l’Amu Darya ed il Syr Darya.




Ognuno ha la sua meta preferita in un viaggio. Chi Samarcanda, la vecchia capitale dell’impero di Tamerlano. Chi Bukhara, la città dei tappeti. La mia meta di questo viaggio era invece proprio il Lago d’Aral, ormai quasi completamente prosciugato dalla mano dell’uomo e trasformato in una landa arida e tossica, con i relitti delle navi che lo solcavano arenati ad arrugginire nel deserto. Ma non è stato possibile raggiungerlo, come non è stato possibile visitare Nukus, perché il nord del paese (la Repubblica Autonoma del Karakalpakistan) si è rivoltato contro il potere centrale che ne voleva ridurre l’autonomia. La tenuta di queste giovani nazioni, indipendenti dal 1991, è sempre precaria, basandosi su un mutevole equilibrio tra le oligarchie al potere e le tante nazionalità che le abitano.
Due sono le lingue – e le etnie – principali del paese. Il maggioritario uzbeko, una lingua turcofona. Ed il tagiko, una lingua imparentata col farsi persiano, parlata nel sud. A cui bisogna aggiungere la lingua franca di tutto lo spazio ex sovietico: il russo. Contate quindi che la traslitterazione dei nomi è sempre un dedalo, con tre o quattro versioni dello stesso nome e senza che nessuna di queste sia preminente.
Vi riassumo velocemente la storia dell’Uzbekistan. Tenetela a mente a mo’ di traccia, perché, man mano che il racconto del viaggio di dipanerà, quello che qui è accennato verrà ampliato parlando dei monumenti o grazie alle testimonianze delle nostre guide.



L’Uzbekistan storicamente è sempre stato un territorio ambito dagli imperi che hanno dominato l’Asia. Parte dell’Impero Achemenide, fu conquistato da Alessandro Magno (pensate che visiteremo addirittura i pochi resti di una delle fortezze dei greci), per poi far parte del regno partico e di quello sasanide. Verrà poi dominato da tribù turche prima e mongole poi, per vedere il suo fulgore con la nascita della figura di Tamerlano (Amir Timur) che stabilì a Samarcanda la capitale del suo impero. Dai domini timurudi sorsero poi i khanati di Khiva, Bukhara e Kokand. Spinto dalla rivalità con l’Impero Inglese in quello scontro passato alla storia come Il Grande Gioco (imperdibile l’omonimo libro di Hopkirk, ne parlai qui quando lo lessi), l’Impero Russo assoggettò man mano le realtà politiche dell’Asia centrale. L’espansione zarista si fermò solo di fronte all’Afghanistan, reso protettorato inglese con la Seconda Guerra Anglo-Afghana, resasi necessaria proprio per creare uno stato cuscinetto tra i domini diretti delle due potenze rivali: l’Asia centrale e l’India appunto.
Come meglio poi racconterò quando parlerò di Bukhara, il vuoto di potere seguito alla rivoluzione di ottobre spinse i khanati ad emanciparsi dal vassallaggio alla Russia. Furono poi i bolscevichi, vittoriosi contro gli eserciti bianchi, a conquistarli definitivamente e a far sorgere la Repubblica Sovietica di Uzbekistan. Repubblica che, con la dissoluzione dell’URSS, si rese indipendente sotto la guida del suo primo presidente, Islam Karimov. Già presidente della Repubblica Socialista, mantenne il controllo del paese fino alla sua morte nel 2016. Il paese è adesso governato dal secondo presidente, Shavkat Mirziyoyev.
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