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2008

Polinesia

Casio Exilim

Sono stato nella Polinesia Francese nell’agosto del 2008 con un viaggio di Avventure nel Mondo (link qui). Il viaggio è durato tre settimane, periodo che considero quello minimo per qualunque destinazione dell’Oceano Pacifico. Infatti, vista la distanza da percorrere, un paio di giorni vengono utilizzati per il viaggio di andata – ed altrettanti per quello di ritorno. Aggiungete anche che gli spostamenti in aereo tra le isole prendono una mezza giornata a tratta.

In questo viaggio abbiamo visitato sei isole. Buona parte di esse fanno parte delle Isole della Società. Questo nome fu attribuito all’arcipelago dal capitano James Cook, il grande esploratore. Cook scrisse sul diario di bordo di averlo scelto perché gli atolli sono contigui l’uno all’altro. Successivamente però si è anche diffusa la motivazione di averlo fatto in onore della Royal Society, sponsor della prima spedizione scientifica inglese sulle isole. Comunque sia, quello che caratterizza questo arcipelago sono isole vulcaniche circondate da barriere coralline – barriere che una volta circondavano completamente le isole ed in cui l’uomo ha aperto a colpi di dinamite dei varchi navigabili, detti pass.

Di questo vasto arcipelago abbiamo visitato Huahine, che in realtà consiste di una coppia di isole unite da un ponte, sita a metà strada tra Tahiti e Bora Bora. È una destinazione meno turistica e molto più tranquilla rispetto alle isole più note al grande pubblico. Bora Bora, strafamosa come meta per le coppiette in luna di miele, piena zeppa di resort ma comunque bellissima. Maupiti, un piccolo atollo – così piccolo che l’abbiamo girato in bicicletta – raggiungibile in giornata da Bora Bora con un traghetto. Taha, dove abbiamo visitato le piantagioni di vaniglia, vanto dell’isola. Moorea, elegante meta turistica a poca distanza da Tahiti.

Abbiamo visitato anche un’isola di un secondo arcipelago, l’Arcipelago delle Tuamotu, dove cambia notevolmente la conformazione delle isole. Alle Tuamotu infatti la terra emersa è solo quella depositatasi sulla barriera corallina, mancando nella laguna qualunque isola. Qui siamo stati sulla più grande delle isole: Rangiroa (si pronuncia ranghiroa), la cui laguna è così vasta che dal lato abitato non si scorge la barriera emersa al capo opposto della laguna.

La Polinesia Francese è, come indica il nome, una colonia francese. Si parla quindi il francese (e quindi sentirete più facilmente le isole chiamate huahinè, boraborà, maupitì, tahà), l’inglese per via del turismo ed ovviamente la lingua locale, il tahitiano. La moneta locale è il Franco Polinesiano, una moneta ancorata comunque all’euro ma che nei tagli ci ricordava la vecchia lira.

Gli abitanti nativi della Polinesia Francese sono insofferenti allo stato di colonia. Quando, comunicando in inglese, ci siamo riferiti a loro e alla loro lingua utilizzando polinesiano come sostantivo o aggettivo hanno subito sottolineato di considerarlo come un termine coloniale e ci hanno pregato di utilizzare tahitiano (tahitièn). Su molte case dei nativi inoltre sventola una bandiera indipendentista, diversa da quella ufficiale concordata con la Francia.

Il costo della vita è molto alto, questo anche perché la terra coltivabile praticamente è assente e tutto va trasportato per nave. Non per niente nel porto di Papeetè, il capoluogo di Tahiti, abbiamo visto delle portacontainer enormi. Per darvi un’idea il caffè costa quattro volte più che in Italia e non c’è una differenza sostanziale dal prenderlo in un resort di lusso o in un baretto all’esterno. Le escursioni in barca, pranzo incluso, non costano mai meno del corrispettivo di 90 euro.

Il viaggio in aereo è stato lungo. Con Delta Airlines fino al primo scalo di Atlanta e poi a Los Angeles. Dormiamo in un motel vicino l’aeroporto a L.A. per poi volare la mattina dopo con Air Tahiti Nui e raggiungere Tahiti. All’imbarco su quest’ultimo volo viene donato ad ogni passeggero un fiore di tiarè, il fiore nazionale della Polinesia, da mettere o sull’orecchio o nei capelli 🌸 Stremati prendiamo delle stanze al Heitarie Inn, una pensioncina non distante dall’aeroporto così da poter ripartire senza indugio il giorno dopo per Huahinè.

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