Ho partecipato ad un viaggio organizzato da Avventure nel Mondo (link qui) che si snoda sulle Ande, lungo i confini tra l’Argentina, la Bolivia ed il Cile. L’acronimo del viaggio, fin dai primordi della sua organizzazione, è stato il più breve e gestibile ABC 😅 Come si può facilmente immaginare questo non è un viaggio per tutti. Tant’evvero che il gruppo si chiude a quattordici partecipanti, tutti esperti viaggiatori e ben motivati.

Il viaggio non è per tutti perchè presenta alcune difficoltà di base. Sono difficoltà importanti ma affrontabili con la giusta attenzione e propensione a condividere problematiche e soluzioni. La prima difficoltà è rappresentata dalle grandi altezze a cui si arriverà. Per una settimana intera si resterà quasi sempre sopra i 4000 metri, per arrivare addirittura a sfiorare i 5000. L’incognita è rappresentata da quello che genericamente viene chiamato mal di montagna e che nella pratica potrebbe manifestarsi come affanno immotivato, stanchezza eccessiva oppure un mal di testa causato dall’innalzamento della pressione arteriosa. Non è possibile avere contezza prima della partenza di come reagirà il nostro organismo. L’importante è essere consapevoli dei problemi potenziali a cui si potrebbe andare incontro in un viaggio come questo ed avere sottomano le soluzioni pratiche.
Per contrastare un mal di testa (che qui ripeto è legato ad un innalzamento pressorio) basta entrare in una qualunque farmacia che vi somministrerà senza problemi un blando diuretico. L’errore più comune commesso dai turisti è quello di assumere un antinfiammatorio, come si è abituati a fare a casa. Errore gravissimo, sia perchè non risolverebbe il problema, sia perchè l’antinfiammatorio causerebbe un ulteriore rialzo pretorio aggravando il problema. Per l’affanno, che resta il problema più comune quando si gravita intorno ai quattromila metri, basta restare tranquilli e fare tutto con calma. Con molta calma. In media l’organismo avrebbe bisogno di circa un mese di acclimamento per produrre sufficienti globuli rossi per sfruttare al meglio l’ossigeno più diradato di queste quote. Quindi, lo ripeto, basta evitare finché possibile sforzi eccessivi ed evitare di correre. Nel nostro gruppo i primi segni di sofferenza legata all’altitudine sono comparsi già a Tupiza, una città boliviana a 3000 metri d’altezza. Ma è stato dalla città di Potosì in poi, oltrepassati i 4000 metri, che affanno e mal di montagna son diventati veramente evidenti.

L’altro grande problema di un viaggio del genere è legato al clima. L’itinerario si snoda in una zona equatoriale, dove quindi al posto delle nostre stagioni classiche bisogna considerare una stagione secca ed una stagione umida. Agosto ricade nella stagione secca, che qui si traduce in giornate normalmente di bel tempo, sebbene col rischio di abbondanti nevicate. Soprattutto nelle zone più remote della Bolivia, quelle del Salar de Uyuni e delle lagune d’alta quota. Le temperature subiscono sbalzi notevoli tra il giorno e la notte. Durante buona parte del viaggio questi sbalzi sono contenuti e facilmente gestibili. Diventano però imperiosi man mano che ci si inoltra nelle zone del sud ovest boliviano, appunto Salar e lagune. In quei quattro giorni, tanto dura in media attraversare quella zona, si dovrà necessariamente dormire con dei sacchi a pelo nei rifugi, mentre all’esterno le temperature passeranno dai 15-18 gradi del giorno ai -5 della notte. Serve vestirsi quindi a cipolla ed avere l’accortezza di coprirsi ed alleggerirsi continuamente durante l’arco della giornata. Fatta la tara a queste difficoltà ci tengo a sottolineare come si tratti di un viaggio molto tranquillo che consente di scoprire delle popolazioni miti ed ospitali, sebbene afflitte da una povertà desolante.
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